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DAL CAFFÈ “MAFIOZZO” ALLA PASTA “MAFIA”, ALLE AGROMAFIE CHE FANNO BUSINESS, NEL MONDO, “SFRUTTANDO” L’APPEAL DEL MADE IN ITALY E LA CRISI: PER COMBATTERLE, NASCE L’“OSSERVATORIO SULLA CRIMINALITÀ NELL’AGRICOLTURA E SUL SISTEMA AGROALIMENTARE”

Non Solo Vino
La Coldiretti mette in scena il cesto dei prodotti esteri che sfruttano uno dei cliché più odiosi associato al Belpaese

Per un made in Italy agroalimentare che fa bella l’Italia nel mondo, ce n’è un altro, subdolo, che sfrutta uno dei cliché più odiosi associato al Belpaese: quello della mafia. Dal caffè “Mafiozzo” alla pasta “Mafia”, dall’amaro “Il Padrino” al limoncello “Don Corleone”, dal sugo piccante rosso sangue “Wicked Cosa Nostra” alle spezie “Palermo Mafia shooting”, fino a Bruxelles, la “capitale” d’Europa, dove si intingono le patatine nella “SauceMaffia e si condisce la pasta con la “SauceMaffioso”. Sono solo alcuni degli esempi citati da Coldiretti nella presentazione, oggi a Roma, dell’“Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare” la nuova Fondazione voluta e costituita da Coldiretti per diffondere la conoscenza e la consapevolezza del patrimonio agroalimentare italiano, con l’obiettivo di creare un sistema coordinato e capillare di controlli idonei a smascherare i comportamenti che si pongono in contrasto con la legalità, che avrà la direzione scientifica del procuratore Giancarlo Caselli, e la presidenza di Roberto Moncalvo di Coldiretti).
Perchè il problema vero non sono tanto i deprecabili prodotti “mafia sounding”, ma le agromafie, che ormai, come spiega il rapporto “Transcrime”, hanno i settori dell’agricoltura e della pesca nel mirino, con delle vere e proprie reti internazionali di Cosa Nostra e della Camorra: in Spagna e nel Regno unito su bar, ristoranti e locali, in Germania in tante strutture legate all’enogastronomia, senza dimenticare l’Est europeo, con l’Albania rappresenta un buon mercato per la Sacra Corona Unita per quanto riguarda bar e ristoranti, mentre opera con illeciti profitti la Camorra in Romania in attività legate all’agricoltura e alla pesca soprattutto nella zona di Vaslui ai confini con la Moldova e in prossimità del Mar Nero.
“La criminalità organizzata si combatte con la trasparenza soprattutto in un settore come quello agroalimentare dove è particolarmente rilevante il flusso commerciale, con circa un terzo (33%) della produzione complessiva dei prodotti agroalimentari venduti in Italia ed esportati con il marchio Made in Italy che contiene materie prime straniere all’insaputa dei consumatori e a danno delle aziende agricole”, ha detto Moncalvo. Ma il problema nasce in Italia: secondo un’indagine di Coldiretti-Ixè, “sei disoccupati su dieci sono disposti ad accettare un posto di lavoro in un’attività dove la criminalità organizzata ha investito per riciclare il denaro”.

Focus - Nasce l’“Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare”
Si chiama “Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare” la nuova Fondazione voluta e costituita da Coldiretti per diffondere la conoscenza e la consapevolezza del patrimonio agroalimentare italiano, con l’obiettivo di creare un sistema coordinato e capillare di controlli idonei a smascherare i comportamenti che si pongono in contrasto con la legalità. Giancarlo Caselli guida il Comitato Scientifico della Fondazione, mentre il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo ne è il presidente e al presidente dell’Eurispes Gian Maria Fara è stata affidata la vice presidenza. La presentazione è avvenuta con la partecipazione dei Ministri della Giustizia Andrea Orlando e delle Politiche Agricole Maurizio Martina, alla vigilia dell’incontro del Santo Padre con le vittime delle mafie in programma il 21 marzo, nella “Giornata della memoria delle vittime innocenti delle mafie” promossa dalla Fondazione “Libera”.
“Di fronte al luogo comune diffuso all’estero che porta gli stranieri ad assimilare l’Italia alla mafia oltre alla pizza o alla pasta, con la Fondazione ci vogliamo fare carico dell’indignazione del 65% degli italiani che non sopporta che la criminalità organizzata danneggi l’immagine del nostro paese e che si sente offeso perché ritiene che la gran arte dei cittadini non ha niente a che fare con i criminali, secondo l’indagine Coldiretti /Ixe” ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel precisare che “c’è tuttavia una minoranza del 12% che è rassegnata e lo considera normale, visto che l’abbiamo esportata in tutto il mondo, e un 19% che pensa addirittura che faccia parte dell’immaginario collettivo anche grazie film come Il Padrino, La Piovra ed altri”.
I tentacoli della criminalità organizzata italiana sono usciti dalla realtà locale e nazionale per infiltrarsi nell’economia e nella società di numerosi Paesi europei, secondo il recente rapporto Transcrime. I settori dell’agricoltura e della pesca sono nel mirino di Cosa Nostra e della Camorra in Spagna dove non manca l’interesse della stessa Camorra e quello della Ndrangheta nel comparto della ristorazione. Tra i centri maggiormente toccati - riferisce la Coldiretti - ci sono la capitale Madrid, Vigo e l’Andalusia. Nel Regno Unito, la Camorra ha puntato sui bar e sui ristoranti e la scozzese Aberdeen è considerata un polo particolarmente sensibile. In Germania la Ndrangheta guarda con crescente interesse alle strutture legate alla gastronomia, con preferenza per le città di Geldern, Oberhausen e Duisburg. La criminalità organizzata, infine, non dimentica l’Est europeo. Anche per la vicinanza geografica, l’Albania rappresenta un buon mercato per la Sacra Corona Unita per quanto riguarda bar e ristoranti, mentre opera con illeciti profitti la Camorra in Romania in attività legate all’agricoltura e alla pesca soprattutto nella zona di Vaslui ai confini con la Moldova e in prossimità del Mar Nero.
“La criminalità organizzata si combatte con la trasparenza soprattutto in un settore come quello agroalimentare dove è particolarmente rilevante il flusso commerciale, con circa un terzo (33%) della produzione complessiva dei prodotti agroalimentari venduti in Italia ed esportati con il marchio Made in Italy che contiene materie prime straniere all’insaputa dei consumatori e a danno delle aziende agricole” ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo . In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato - continua il presidente della Coldiretti - il valore aggiunto della trasparenza e dare completa attuazione alle leggi nazionale e comunitaria che prevedono l’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli alimenti. Ma è necessario che sia anche resa trasparente l’indicazione dei flussi commerciali con l’indicazione delle aziende che importano materie prime dall’estero e venga bloccato ogni finanziamento pubblico alle aziende che non valorizzano il vero Made in Italy dal campo alla tavola.
Con l’Osservatorio si intende creare - sottolinea la Coldiretti - un complesso di controlli che assicuri la più completa informativa ai consumatori, contrastando le contraffazioni e le adulterazioni alimentari. In tale prospettiva, la Fondazione intende promuovere iniziative di approfondimento in merito agli interventi e agli effetti delle pronunce di tutte le Autorità amministrative indipendenti che possano interferire nel mercato dell’agroalimentare, analizzando e approfondendo, in particolare, le attività dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.
La Fondazione promuove, inoltre, le azioni legali collettive di tutela dei consumatori, con particolare riguardo - continua la Coldiretti - all’accertamento della responsabilità in materia ambientale e alimentare e per la condanna al risarcimento dei danni. Nell’ambito dei propri scopi istituzionali, la Fondazione - precisa la Coldiretti - svolge un ruolo propositivo nel confronti della Commissione d’inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, nonché delle Commissioni parlamentari d’inchiesta istituite per l’analisi conoscitiva dei fenomeni della contraffazione e della pirateria commerciale. La criminalità si deve combattere attraverso la creazione di un solido sistema che assicuri una tutela rafforzata all’intera filiera produttiva: a tal fine la Fondazione approfondisce il ruolo della cooperazione suggerendo anche nuove forme giuridiche ed adeguati sistemi di controllo. L’Osservatorio mette a disposizione le proprie conoscenze scientifiche e tecniche attraverso la pubblicazione, per via telematica, di riviste dal carattere giuridico e sociale, l’organizzazione di convegni, la promozione e il finanziamento di ricerche in campo universitario e con la collaborazione di altri enti pubblici e privati. L’Osservatorio - spiega la Coldiretti - intende creare una rete di contatti tra istituzioni e cittadini attraverso la valorizzazione delle produzioni agroalimentari italiane, avvalendosi degli strumenti informatici attualmente disponibili per diffondere la cultura della tipicità, della qualità e dell’origine della filiera agricola esclusivamente italiana, nella convinzione che la legalità sia una condizione essenziale per il sostegno all’economia dell’intero Paese e che la lotta ai fenomeni di criminalità organizzata presenti nel settore agroalimentare comporta effetti vantaggiosi in termini ambientali, sociali ed occupazionali.

Focus - I prodotti “mafia sounding”: dal “Caffè Mafiozzo” al “Sugo Cosa Nostra”. Nella Capitale d’Europa a Bruxelles si intingono addirittura le patatine nella “SauceMaffia”
Dal caffe’ “Mafiozzo” stile italiano ai sigari “Al Capone”, dalla pasta “Mafia” agli snack “Chilli Mafia”, dall’amaro “Il Padrino” al limoncello “Don Corleone”, dal sugo piccante rosso sangue “Wicked Cosa Nostra” alle spezie “Palermo Mafia shooting”, ma a Bruxelles nella Capitale d’Europa si intingono addirittura le patatine nella “SauceMaffia e si condisce la pasta con la “SauceMaffioso” mentre in tutto il mondo spopolano i ristoranti e le pizzerie “Cosa Nostra” e “Mafia” e su internet è possibile acquistare il libro di ricette “The mafia cookbook”, comprare caramelle sul portale www.candymafia.com o ricevere i consigli di mamamafiosa (www.mamamafiosa.com) con sottofondo musicale a tema. Lo ha denunciato la Coldiretti che per la prima volta ha censito e mostrato gli esempi più scandalosi di prodotti agroalimentari, venduti in Italia, in Europa e nel mondo, con nomi che richiamano gli episodi, i personaggi e le forme di criminalità organizzata più dolorose ed odiose, che vengono sfruttate per fare business, nella presentazione della Fondazione “Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare”, promossa dalla Coldiretti, con il presidente Roberto Moncalvo che ha chiesto “l’intervento delle Istituzioni nazionali e comunitarie per porre fine ad un oltraggio insopportabile”.
“Siamo di fronte ad uno schiaffo all’immagine dell’Italia sui mercati globali che - sottolinea la Coldiretti - parte dall’antipasto a base di anacardi in vasetto di vetro commercializzati nel Regno Unito. La confezione di “Chilli Mafia” contiene noccioline aromatizzate al peperoncino e la scritta in etichetta avverte che occorre stare attenti e utilizzare “with caution” il prodotto che risulta essere estremamente piccante. Vengono dalla capitale europea di Bruxelles, in Belgio, le salse che servono per insaporire le patatine con la “Sauce Maffia” della Good ‘n Food di Malines contenente una salsa a base di olio di colza, rosso d’uovo, aceto, senape, polvere di cipolla, zucchero e spezie varie mentre la “Sauce Maffioso”, realizzata a Diest, nelle Fiandre, e commercializzata con il marchio The Smiling Cook, è invece a base di spinaci, cipolla, aglio, formaggio emmenthal, pepe rosso e aromi vari. Ma ci sono in vendita anche - continua la Coldiretti - la pasta Mafia a Taiwan, le spezie “Palermo Mafia shooting” in Germania o la salsa piccante “Wicked Cosa Nostra” in California.
L’oltraggio all’Italia - afferma la Coldiretti - non si ferma al pasto, con il commercio dalla Psc Start S.A. di Blagoevgrad (Bulgaria) del “Caffè Mafiozzo” confezionato in grani in cui l’unica scritta nella nostra lingua che campeggia sulla busta in plastica è: “Lo stile italiano” che purtroppo fa esplicito riferimento alla criminalità organizzata come si evidenzia nelle immagini. E c’è anche il sigarillo dedicato al sanguinario “Al Capone”, confezionato negli Stati Uniti per il mercato olandese, con tanto di scritta, quanto mai adatta, “Roken is dodelijk” (il fumo uccide). Ma c’è anche chi - continua la Coldiretti - sfruttando la fama della saga cinematografica “Il Padrino”, nel paese siciliano che ha tristemente legato il suo nome alla mafia, ha messo in vendita il liquore d’erbe “Don Corleone” a base di miscela d’erbe ed estratti naturali “product in Sicily” o l’amaro “Il Padrino” anch’esso nato da una antica ricetta corleonese per acchiappare qualche turista inconsapevole del dolore provocato dalla criminalità in questi territori.
Il marchio “Mafia” viene, peraltro, usato “a raffica” nella ristorazione internazionale per fare affari come nel caso - riferisce la Coldiretti - della catena di ristoranti “La Mafia” diffusa in Spagna che fa mangiare i clienti sotto i murales dei gangsters più sanguinari (da Vito Cascio Ferro a Lucky Luciano, fino ad Al Capone), mentre praticamente ovunque, dal Messico a Sharm El Sheik, dal Minnesota alla Macedonia si trovano ristoranti e pizzerie “Cosa Nostra” e l’insegna La Camorra Pasta Pizza & Grill si puo’ trovare a La Paz in Perù. “La nostra ricerca ha consentito di scoprire nel mondo un vero mercato dell’orrore che fa affari su una delle piaghe piu’ dolorose della nostra società”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “anche su questi casi farà luce la neonata Fondazione “Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare” con la presidenza del Comitato Scientifico del procuratore Giancarlo Caselli”.
L’obiettivo - conclude Moncalvo - è quello di fermare comportamenti commerciali inaccettabili che danneggiano l’immagine dell’Italia all’estero, ma soprattutto colpiscono profondamente i tanti italiani che sono stati o sono purtroppo vittima della criminalità organizzata”.

Focus - Coldiretti/Ixè, “6 disoccupati su 10 disposti a lavorare per mafia”
L’allentamento della tensione morale nei confronti della malavita provocato dalla crisi tocca la vita di tutti i giorni come conferma il fatto che - continua la Coldiretti - quasi un italiano su cinque (18%) non avrebbe problemi a recarsi in un pizzeria, ristorante, bar o supermercato gestito o legato alla criminalità organizzata purchè i prezzi siano convenienti (9%), i prodotti siano buoni di ottima qualità (5%) o addirittura se il posto sia comodo e vicino a casa (4%). D’altra parte, la stragrande maggioranza del 67 degli italiani è d’accordo sul fatto che - continua la Coldiretti - in certe zone d’Italia dove c’é molta disoccupazione e povertà, la criminalità organizzata ha saputo creare opportunità di lavoro. E il problema - continua la Coldiretti - non è confinato nel Sud tanto che l’83% degli italiani ritiene ormai che la criminalità organizzata sia diffusa su tutto il territorio, rispetto ad una minoranza del 13% che la localizza nel Mezzogiorno. A preoccupare anche l’impatto negativo della crisi sulla solidarietà, con un crescente numero di persone che non riesce piu’ a permettersela come dimostra il fatto che - conclude la Coldiretti - la maggioranza del 58% degli italiani che non sarebbe disposto a pagare il 20% in più per un prodotto alimentare ottenuto da terre o aziende confiscate alla mafia.
“Bisogna spezzare il circolo vizioso che lega la criminalità alla crisi, con interventi per favorire, soprattutto tra i più giovani, l’inserimento nel mondo del lavoro, e l’impegno delle istituzioni, della scuola e delle organizzazioni di rappresentanza per scongiurare il pericolo che legittime aspirazioni ad avere un’occupazione possano essere sfruttate per alimentare l’illegalità” ha dichiarato il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, nel sottolineare che “proprio in tale ottica è stato avviato il portale della Coldiretti “Lavoro in campagna” per favorire l’incontro tra domanda e offerta occupazionale, che ha già ottenuto il via libera del Ministero del Lavoro”.
Il sistema informatico opera attraverso un apposito sito web nazionale nel quale verranno acquisite, archiviate e rese disponibili in forma pubblica tanto le richieste di manodopera delle imprese che i curricula e le disponibilità dei lavoratori. Lo strumento informatico sarà accessibile presso ogni sede e sportello territoriale della struttura Coldiretti con personale qualificato che provvede anche a rendere un vero e proprio servizio di accompagnamento ed assistenza a imprese e lavoratori, sia nel compito di caricamento e aggiornamento dei dati, sia soprattutto nella vera e propria fase di incontro tra domanda ed offerta di lavoro.

Focus - Coldiretti: da Palermo a Roma, passando per Crotone e Caltanissetta, mezzo miliardo di beni sequestrati alle mafie
Le organizzazioni criminali legate a mafia, camorra e ‘ndrangheta sono state tutte coinvolte nelle operazioni più rilevanti dei primi due mesi del 2014. All’inizio dell’anno, gli agenti della Dia di Caltanissetta hanno sequestrato beni per un valore di 45 milioni di euro di cui facevano parte 10 imprese, 25 fabbricati, terreni per un estensione complessiva di 150 ettari e numerosi conti correnti bancari, tutti riconducibili ad un imprenditore della provincia di Palermo, residente a Caltanissetta, ritenuto essere soggetto in contatto e interlocutore privilegiato di personaggi di spicco di Cosa nostra nei territori di Caltanissetta e Palermo. In particolare, si è fatta luce su un terreno con annessa azienda agraria utilizzato come riserva di caccia ad uso dei più noti esponenti della mafia siciliana, e beneficiato anche da ingenti contributi pubblici erogati dall’Agea.
Una vera e propria holding nel settore della ristorazione si era insediata a Roma dove i Carabinieri hanno sequestrato 23 i locali, tra ristoranti-pizzerie e bar dal più noto “Pizza Ciro” in via delle Mercede, tra piazza di Spagna e Montecitorio, ma anche “Ciro & Ciro”, “Zio Ciro”, “Pummarola e Drink”, “Sugo” e la gelateria “Ciucculà” al Pantheon. Un impero creato, secondo quanto reso noto dagli inquirenti, nell’ambito del maxi blitz contro il clan Contini di Napoli, dai fratelli napoletani Salvatore, Antonio e Luigi Righi ai quali è stato contestato il concorso esterno in clan camorristico.
Immobili, aziende e numerosi rapporti finanziari per un valore di circa 250 milioni di euro sono stati sequestrati dalla Dia a Palermo, in una complessa operazione che ha portato alla luce le rilevanti attività economiche dell’organizzazione mafiosa facente capo al clan dei Galatolo, legate al mercato ortofrutticolo e al suo indotto. Secondo l’accusa, monopolizzavano i commerci anche col ricorso ai servizi forniti dalla cooperativa “Carovana Santa Rosalia”, operante nella compravendita di merce, facchinaggio, parcheggio, trasporto e vendita di cassette di legno e materiale di imballaggio. In tal modo, si poteva prestabilire il prezzo dei prodotti ortofrutticoli a cui gli operatori dovevano uniformarsi, controllare il trasporto su gomma da e per la Sicilia occidentale ed i principali mercati di approvvigionamento delle derrate alimentari nel centro Italia, gestire le attività connesse al commercio all’interno del mercato di Palermo.
A fine febbraio la Guardia di finanza di Crotone ha eseguito sei nuovi provvedimenti di custodia cautelare, disposti dal gip del Tribunale di Catanzaro su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia nell’ambito dell’indagine “Insula” a seguito di nuove risultanze investigative che evidenziavano sostanzialmente la compromissione degli organi amministrativi e tecnici del Comune di Isola Capo Rizzuto, i quali sarebbero stati pienamente consapevoli dell’interesse della cosca Arena all’aggiudicazione della gara per la gestione di un terreno confiscato alla stessa famiglia di ‘ndrangheta. L’integrazione investigativa, grazie agli elementi acquisiti attraverso numerosi testimoni e l’esame di nuova documentazione, ha consentito una ricostruzione della vicenda sull’aggiudicazione della gara pubblica per l’affidamento del servizio di raccolta dei finocchi coltivati su circa 39 ettari di terreno già oggetto di sequestro e confisca alla famiglia Arena di Isola Capo Rizzuto.
La tendenza in atto è destinata a far salire il volume d’affari complessivo della criminalità organizzata che, secondo il rapporto Agromafie Coldiretti/Eurispes, aveva raggiunto circa 14 miliardi di euro nel 2013, con un aumento record del 12% rispetto a due anni fa, in netta controtendenza rispetto alla fase recessiva del Paese, perché la criminalità organizzata trova terreno fertile proprio nel tessuto economico indebolito dalla crisi. È peculiarità del moderno crimine organizzato estendere, con approccio imprenditoriale, il proprio controllo dell’economia invadendo i settori che si dimostrano strategici ed emergenti, come è quello agroalimentare.
Per questo le mafie hanno già imposto il proprio controllo sulla produzione e la distribuzione di generi alimentari del tutto eterogenei tra loro. Controllano in molti territori la distribuzione e talvolta anche la produzione del latte, della carne, della mozzarella, del caffè, dello zucchero, dell’acqua minerale, della farina, del pane clandestino, del burro e, soprattutto, della frutta e della verdura. Potendo contare costantemente su una larghissima ed immediata disponibilità di capitale e sulla possibilità di condizionare parte degli organi preposti alle autorizzazioni ed ai controlli, si muovono con maggiore facilità rispetto all’imprenditoria legale. Con i classici strumenti dell’estorsione e dell’intimidazione impongono la vendita di determinati marche e prodotti agli esercizi commerciali, che a volte, approfittando della crisi economica, arrivano a rilevare direttamente.
Alcune stime valutano almeno 5.000 locali di ristorazione in Italia in mano alla criminalità organizzata (bar, ristoranti, pizzerie), nella maggioranza dei casi intestati a prestanome. Questi esercizi non garantiscono solo profitti diretti, ma vengono utilizzati anche come copertura per riciclare denaro sporco. In alcuni casi agenti dei clan rappresentano specifici marchi alimentari, che impongono in tutta la loro zona di influenza. Per raggiungere l’obiettivo i clan ricorrono a tutte le tipologie di reato tradizionali: usura, racket estorsivo, furti di attrezzature e mezzi agricoli, abigeato, macellazioni clandestine, danneggiamento delle colture, contraffazione e agropirateria, abusivismo edilizio, saccheggio del patrimonio boschivo, caporalato, truffe ai danni dell’Unione europea. A tutte le pressioni e minacce, esercitate in particolare nei confronti degli agricoltori del Mezzogiorno, si aggiungono i nuovi sistemi di condizionamento mafioso per imporre dazi illegali ed assorbire grosse fette del settore.
Secondo la Direzione Investigativa di Roma ben il 15% del fatturato realizzato dalle attività agricole appartiene all’illecito. Mettendo le mani sul comparto alimentare le mafie hanno inoltre la possibilità di affermare il proprio controllo sul territorio. Non solo si appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza ed il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma compromettono in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani ed il valore del marchio made in Italy.

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