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“SERVE UNA MAGGIORE FLESSIBILITÀ PER TRATTARE SU STRAORDINARI, RETRIBUZIONI, MALATTIE, MA SULLE NOSTRE PROPOSTE DA PARTE DEL MONDO SINDACALE C’È STATO SOLO RIFIUTO PREGIUDIZIALE”. COSÌ LA FIPE - FEDERAZIONE ITALIANA PUBBLICI ESERCIZI

In tanti settori dell’economia la “ristrutturazione” dovuta alla crisi si è tradotta, spesso, in tagli brutali di posti di lavoro. In altri, come la ristorazione ed i pubblici esercizi, si tenta un’altra strada, anche perché ridurre personale vorrebbe dire penalizzare la qualità del servizio e, quindi, alla lunga, la competitività. “Ma serve una maggiore flessibilità per trattare su straordinari, retribuzioni, malattie e così via. Ma su questo abbiamo trovato da parte delle organizzazioni sindacali rifiuto pregiudiziale, nessuna contro-proposta e la proclamazione di scioperi”. È l’allarme lanciato oggi dalla Fipe (www.fipe.it), secondo cui questo atteggiamento, insieme all’arrivo di nuove tasse e al calo dei consumi, rischia di mettere in pericolo la capacità di tenuta che il settore, nonostante tutto, ha dimostrato in questi anni. In cui, peraltro, sostiene la Fipe, la crisi economica nel settore dei consumi fuori casa è stata aggravata dal calo di presenze turistiche, dei consumi e della produttività e anche dall’aumento di una concorrenza sleale a opera di circoli, sagre e feste di partito. Secondo Fipe, il contesto normativo e contrattuale deve essere adeguato alle nuove esigenze del mercato e finalizzato a garantire la redditività delle imprese.

“Nell’anno, tra Iva, Imu, Tares e altre imposte e tasse - ha detto il presidente Lino Stoppani, nell’assemblea generale di oggi a Milano - abbiamo raccolto solo inasprimenti e maltrattamenti. La crisi e la mancanza di una riduzione del cuneo fiscale porgono interrogativi sul futuro del settore e hanno imposto la disdetta/recesso al contratto nazionale di categoria. Si tratta, dunque, di scegliere fra il subire una trattativa con i soliti rituali, senza nessuna possibilità di incidere sugli elementi di produttività che le aziende reclamano o di accontentarsi di provvedimenti parziali, non strutturali e temporanei oppure provare a dare un segnale che ci è costato sofferenza, ma che riteniamo utile a impostare relazioni sindacali moderne, attente cioè a rilanciare un settore pieno di valori, che ha bisogno anche di contratti di lavoro più rispondenti alle esigenze di un mondo che cambia”.
Dati alla mano, si legge in una nota Fipe, “l’evoluzione della retribuzione è infatti maggiore dell’inflazione e il settore crea buona occupazione, tanto che i livelli retributivi del settore hanno tenuto anche durante la crisi ed in alcuni casi sono anche cresciuti. Ma gli oneri previsti dalla contrattazione collettiva sono diventati particolarmente gravosi e non più sostenibili. Per aumentare la produttività aziendale è necessario rivedere alcuni elementi contrattuali che fanno scattare incrementi salariali non collegati alle ore lavorate. Fipe chiede dunque di rompere prassi consolidate e regole non più attuali. È dunque necessario avviare un percorso che ridiscuta gli automatismi salariali con particolare riferimento agli aumenti periodici di anzianità e maggiorazioni e che consenta di ampliare gli spazi per politiche di valorizzazione del merito. La rimodulazione del contratto non è la rinuncia alla contrattazione. Fipe, infatti, intende perseguire un confronto costruttivo con tutte le organizzazioni sindacali dei lavoratori per arrivare ad un nuovo accordo basato sui principi della produttività, flessibilità, qualità, controllo dei costi”.

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