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LA CRISI, IN ABRUZZO, SI PUÒ SCONFIGGERE USANDO I TERRENI INCOLTI COME PASCOLI PER OVINI E CAPRINI. “PERCHÉ IL MERCATO DEL LATTE DI CAPRA È IN CRESCITA”, COME SOSTIENE NUNZIO MARCELLI, PRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE REGIONALE OVICAPRINI

Non Solo Vino
Pecore al pascolo

La crisi, in Abruzzo, si può sconfiggere anche con i terreni incolti, perché è da qui che possono nascere fino a 3.500 posti di lavoro: basta usarli come pascoli per ovini e caprini. A lanciare l’idea è Nunzio Marcelli, presidente dell’Associazione regionale ovicaprini e animatore della tradizione della transumanza “2.0”. L’ipotesi “non è l’ennesima uscita di qualche new-economist alla ricerca di facile pubblicità - spiega Marcelli - ma il risultato pratico dei calcoli fatti da chi da decenni conduce questa attività. E non vuole svenderla per favorire speculazioni poco trasparenti. Il mercato del latte di capra - assicura - è in crescita: per la sua maggiore qualità, per la ricchezza di fattori nutritivi, per la possibilità di utilizzo anche in persone con problemi di allergie, sempre più diffuse. Allora perché si importa latte di capra dalla vicina Francia? Perché l’applicazione delle regole europee, in Francia, da sempre avviene con molta più attenzione a proteggere il prodotto nazionale, finendo per creare un’illusione anche nel nostro paese, dove si crede che “caprino” e “francese” siano sinonimi”.

L’Abruzzo, da millenni terra di pastori, vuol dimostrare che creare lavoro è possibile, “purché si voglia - precisa Marcelli - altrimenti si creerà un nuovo latifondo improduttivo, tutto legato allo sfruttamento del mercato dei titoli europei, con i relativi contributi. A beneficio di chi? Non sta a noi dirlo, ma sta di fatto che alcune società che fanno incetta di contributi Pac sono già finite sui giornali, e avevano sede più vicino a Padova che a L’Aquila. Se poi tutto questo contribuisca a sostenere lobby che rimpinguano le casse di qualche movimento, proprio quando si discute di taglio del finanziamento pubblico ai partiti, lasciamolo alla cronaca: quel che a noi importa - sottolinea - è di non compromettere il futuro delle nuove generazioni svendendo il nostro “tesoretto”, 3.500 posti di lavoro, che rappresentano, in un momento di crisi, un’occasione da non perdere “. La proposta è molto concreta, e consta di due punti cardine. “Uno - spiega il pastore-presidente- salvare subito il territorio dalla svendita a società che fanno solo speculazione sui fondi europei. Il governo e le Regioni possono, come avviene in Francia e negli altri paesi europei, chiedere che all’erogazione dei contributi corrisponda un’agricoltura reale e attiva, e non solo “di carta” come avviene ora. Due: mettere a frutto questo patrimonio - spiega Marcelli - offrendo a una rete di micro-imprese i necessari servizi alla produzione e alla commercializzazione. Anche qui si guarda all’esperienza francese: con un mercato potenziale in crescita, basta un piccolo gregge per un’attività redditizia, purché ci sia assistenza tecnica alla produzione e alla commercializzazione. Una proposta che non manca di attirare l’attenzione dei suoi potenziali, numerosi clienti - assicura Marcelli - sia sul fronte del consumo che su quello della produzione, sempre che si scelga di investire, anziché di svendere questo territorio”.

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