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CON L’ELEZIONE DEL NUOVO PAPA ARRIVERÀ ANCHE UN NUOVO CHEF IN VATICANO? SARÀ ANCORA SERGIO DUSSIN DI BASSANO DEL GRAPPA? NELLE CUCINE VATICANE TANTI GLI CHEF CHE HANNO SEGNATO LA STORIA DELA CUCINA. COME BARTOLOMEO SCAPPI O DOMENICO ROMOLI

Non Solo Vino
Il Papa Ratzinger con lo chef Sergio Dussin

Con l’elezione del nuovo Papa arriverà anche un nuovo chef in Vaticano? Sarà ancora Sergio Dussin di Bassano del Grappa, chiamato spesso a Roma da Joseph Ratzinger, a cimentarsi nei fornelli delle cucine papali o con il cambio del Pontefice cambierà anche il cuoco? Del resto la storia dei “cuochi dei Papi” è sempre andata di pari passo con la storia dei vari pontificati e cambia col cambiare di gusti, abitudini, passioni dei vari eletti al Soglio di Pietro.
La storia delle cucine vaticane è ricca di aneddoti e curiosità e tanti sono gli chef, celebri nella storia, che hanno “occupato” le cucine papali. Come Bartolomeo Scappi, cuoco nei 71 giorni del Conclave del 1549 che elesse Papa Giulio III (e che servì anche Pio IV e Pio V). O come Domenico Romoli, alla corte di Papa Leone X, che descrisse erbe, essenze e ricette, con particolari note sugli effetti degli afrodisiaci di cui il pontefice pare approfittasse alla grande per la sua libera vita.
È un cuoco, una figura che ha lasciato anche un segno nella storia della cucina, Bartolomeo Scappi, a raccontarci del Conclave del 1549, che durò 71 giorni e elesse Papa Giulio III. Connotato da un aspro intrecciarsi di lotte intestine e dalla chiara violazione di tutte le regole previste, da quella che proibiva ai cardinali contatti con l’esterno alla rigida dieta ingiunta dal regolamento “Ubi periculum” redatto da Gregorio X dopo il complesso e lunghissimo conclave di Viterbo. Scappi lavorava per uno dei cardinali e riferisce che per questi un pasto prevedeva di norma quattro servizi, due freddi (di credenza) e due caldi (di cucina), ognuno dei quali era composto da 8-10 portate. Scappi, nato a Dumezia intorno al 1500 e arrivato a Roma nel 1536, dovette aspettare altri tre papi, e fu Pio IV, amante della buona tavola, a nominarlo “cuoco segreto”, ovvero privato del pontefice, nel 1564. carica confermata dal papa successivo, Pio V, uomo misurato, parco nel mangiare, amante dei digiuni così che Scappi si ritrovò con molto tempo libero e si mise a scrivere un monumentale saggio intitolato “Opera di Bartolomeo Scappi”, considerato il più importante trattato di alimentazione rinascimentale, in cui racconta la sua arte e filosofia, ma anche fatti e curiosità come appunto il Conclave citato.
Lodi di Scappi le tesse oggi Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, che vede in lui uno dei padri della moderna gastronomia e scrive: “alla corte vaticana arrivava ogni sorta di prodotto dai luoghi piu’ disparati, ma si comprende quanto la cucina di Scappi in realta’ fosse influenzata dai semplici piatti contadini: egli stesso lo ammette e ne parla con grande rispetto. Magari aggiungeva un ingrediente ricco alla ricetta di campagna ... ma in alcuni casi ci comunica che non poteva certo “far di meglio” rispetto all’originale”. La sua grandezza stava nella sua esperienza pratica e versatilità, legata sempre alla conoscenza delle materie prime. Altro grande chef delle cucine vaticane fu Domenico Romoli alla corte di Papa Leone X, che nella sua dottrina descrisse erbe, essenze e ricette, con particolari note sugli effetti degli afrodisiaci di cui il pontefice pare approfittasse alla grande per la sua libera vita. Descritto nei minimi dettagli, dal menu alla coreografia, fu il banchetto di Romoli con il quale si celebrò la cittadinanza romana accordata a Giuliano de’ Medici, fratello del Papa: in piazza del Campidoglio si allestì un grande teatro per ospitare 3.000 persone, con disposte sulla scena tavole imbandite di stoviglie preziosissime e venticinque servizi articolati con anche cibi ricoperti d’oro ...

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