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LA SICILIA DELL’OLIO SUL PODIO DELLE REGIONI AL TOP IN ITALIA PER PRODUZIONE DI PREGIO DOP E IGP: RAPPRESENTA IL 14% DELLA PRODUZIONE NAZIONALE. E 1 AZIENDA SU 3 SVENTOLA BANDIERA ROSA. COSÌ FEDERDOC. CURIOSITÀ: DELL’OLIVO NON SI BUTTA VIA NIENTE

Non Solo Vino
Olio

C’è la Sicilia dell’olio sul podio delle regioni al top in Italia per produzione di olio d’oliva di pregio, Dop e Igp, preceduta da Toscana e Puglia: con 1.500 tonnellate, rappresenta il 14% della produzione nazionale, con Trapani che, insieme a Siena, è la provincia col maggior numero di oli a denominazione. Ma non è tutto, la Sicilia dell’olio ha un altro primato che condivide con la Sardegna: quasi su un’azienda olivicola su tre (sul 31% per la precisione) sventola la bandiera rosa, perché a condurla è una donna, a fronte di un dato generale secondo il quale sono il 21% quelle dirette al femminile nell’Italia nord occidentale e il 7% nel nord est. E’ la fotografia scattata da Federdoc a “L’oro verde della Sicilia a cinque stelle. En primeur e di gran classe”, la kermesse dedicata all’olio extravergine novello, che si è chiusa ieri a Mazara del Vallo (Trapani).

Nella Sicilia da primato i consorzi di tutela, sono sei: Val di Mazara, Valle del Belice, Valli Trapanesi, Valdemone, Monte Etna e Monti Iblei. Di essi, sul fronte delle esportazioni in particolare, anche in tempi di difficile congiuntura dell’economia, si distinguono Monte Etna, Valli Trapanesi e Monti Iblei, che oltreconfine realizzano tra il 55 e il 68% del giro d’affari. Produzioni export-oriented che per quasi i due terzi, tuttavia, non vanno oltre i confini Ue. Inoltre, in Sicilia, a confezionare il prodotto all’interno dell’azienda che coltiva, è appena il 20% degli operatori, la quasi totalità (80%) si rivolge a coop o a terzi, probabilmente perché oltre l’80% delle aziende olivicole isolane ha la forma di piccole o piccolissime ditte individuali.

La curiosità - “L’olivo come il maiale”: non si butta via niente ...

Se anche per l’olio, come per altri prodotti dell’agroalimentare, sempre a causa delle ostili condizioni climatiche, sarà un’annata difficile, si ritorna ai tempi dei nostri nonni e non si butta via niente, neanche dell’ulivo, e così si cercano altre vie, tanto che oltre al prodotto principe di questa pianta, per sfruttare al meglio tutte le sue potenzialità, anche le foglie secche diventano un’opportunità: proprio queste ultime, infatti, sembrano essere l’ultima frontiera della cosmetica e degli integratori alimentari. Parola Giacomo Dugo, direttore del Dipartimento di Scienze dell’Alimentazione nell’Università di Messina: “un chilogrammo di foglie secche contiene 50 grammi di polifenoli da cui si ricavano creme antinvecchiamento, efficaci per la pelle”.

Così, ai prodotti del cosiddetto agriwellness, dal balsamo protettivo per le labbra a base di stella alpina allo scrub detergente al latte d’asina, dalla crema defatigante per le gambe al ribes rosso alla biocrema al miele fino al tonico rinfrescante al latte di capra e ora si aggiungono le foglie secche dell’ulivo, da cui si ricavano i polifenoli utili per la cura della pelle. Del resto, “delle proprietà dell’ulivo - ricorda Dugo - erano consapevoli già le donne dell’antica Roma il cui principale cosmetico era, appunto, l’olio d’oliva”.

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