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NON SOLO PRODOTTI, ALL’ESTERO 6 VOLTE SU 10 ANCHE LE RICETTE ITALIANE SONO “TRADITE”, PREPARATE DA CHEF DI RISTORANTI ITALIANI CHE NON SONO ITALIANI (47%). LA PIÙ TRADITA? LA PIZZA. COSÌ L’ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA. FOCUS: LA ROAD MAP NEL MONDO

Non Solo Vino
La cucina italiana: ecco la road map nel mondo

Mentre i mercati internazionali sono sempre più invasi da falso Parmigiano Reggiano o Grana Padano, da altrettanti falsi Prosciutti di Parma o di San Daniele sale alla ribalta una nuova forma di imitazione del made in Italy alimentare: il tradimento della ricetta originale. Emerge da un’indagine realizzata dall’Accademia Italiana della Cucina, tra le 74 delegazioni estere da quasi sessant’anni impegnate in 40 Paesi stranieri, nella lotta al falso alimentare che colpisce, oltre ai prodotti, anche e soprattutto le ricette, molto spesso ben diverse rispetto alle “originali” italiane. La ricerca lascia poco spazio al dubbio: nel 60% dei casi la cucina italiana, all’estero, è realizzata in modo “non molto corretto” o addirittura “maldestro”. E solo nel 40% dei casi risulta “ben interpretata”. Questo accade anche perché quasi la metà (47%) dei cuochi che operano nei ristoranti italiani all’estero non sono italiani (scopriamo che sono in maggioranza australiani e messicani) e solo una piccola parte (9%) di questi ha seguito scuole, stage o tirocini nel nostro Paese.
Il piatto della tradizione italiana maggiormente tradito nei ristoranti italiani all’estero? In ordine di “maggiore tradimento”, al primo posto c’è la pizza e a seguire il tiramisù, le lasagne, le scaloppine di vitello e la pasta al ragù. Tra le ricette più “abusate” spiccano numerosi piatti tipici regionali, in primis gli spaghetti alla bolognese, i ravioli, gli spaghetti alle vongole, l’ossobuco e i saltimbocca alla romana.

Focus - Le nazioni baluardo del falso culinario
Una forma di “imbarbarimento”, quella del tradimento della vera cucina italiana, diffusa ovunque, secondo l’Accademia Italiana della Cucina. Oltre a Usa, Canada e Australia, baluardi della gastronomia italiana, e quindi inevitabilmente del “tradimento”, infatti, particolarmente toccate dal fenomeno delle imitazioni sono Irlanda, Portogallo e Finlandia. Ma il discorso vale anche per la Germania, dove alla stima e alla considerazione per la cucina italiana fanno da contraltare aggiunte formali e cromatiche, abuso di certi ingredienti (aglio, peperoni, rucola, aceto balsamico) e soprattutto la diffusione di abitudini alimentari davvero non italiane, come quella di accompagnare un primo e un secondo con il cappuccino.
La fusione tra i gusti della tradizione e i sapori locali dà spesso luogo a una forma di cucina ibrida e alla creazione di piatti che, paradossalmente, hanno successo anche se ben lontani dalla tradizione Italiana. Ne è una dimostrazione la cucina “all’italiana” olandese: a L’Aia, nei ristoranti italiani, si possono trovare nei menu le “insalate di pasta” o i “pesci al forno col pesto”. A San Paolo del Brasile è molto diffuso il consumo in un piatto unico di “carne o pesce insieme alla pasta”. In questo contesto di “contaminazione” notizie positive sulla difesa della ricetta italiana arrivano però dagli Stati Uniti: un piatto ibrido per eccellenza come gli “spaghetti con le meat balls” (polpette), prima diffusissimo, è ad oggi praticamente scomparso.
Ma la cucina italiana resta la preferita nel mondo
L’indagine dell’Accademia Italiana della Cucina svela anche un altro aspetto: la cucina italiana risulta la preferita per il 68% dei Paesi stranieri monitorati, seguita, a sorpresa, dalla cucina cinese (40%), dalla francese (38%) e dalla giapponese (17%). Un vero e proprio smacco per i cugini d’oltralpe. E la gastronomia italiana viene apprezzata all’estero in primo luogo perché considerata una cucina dai sapori eccellenti (85%); poi perché capace di trasformare il pasto in un vero e proprio rito collettivo (34%); infine per il suo aspetto salutistico, legato al suo essere cucina mediterranea e quindi sana (31%). Con un’immagine che è molto migliorata negli ultimi anni: è infatti considerata “ottima” nel 57% e “buona” nel 43% dei casi.
La città con più ristoranti italiani al mondo? E’ Melbourne in Australia
La cucina italiana è ampiamente diffusa in tutti e cinque i continenti ed è in espansione: sono ben 16 le città al mondo con più di 100 ristoranti italiani. L’Australia la fa da padrone: Melbourne è leader con più di 1.000 ristoranti italiani, seguita da Sidney, New York e Montreal con 500. Dati che confermano il ruolo fondamentale che l’emigrazione di massa ha avuto nello sviluppo della cucina italiana all’estero. Nonostante questa discriminante anche l’Europa si fa rispettare: è Parigi, con ben 400 ristoranti italiani, la culla della gastronomia italiana in Europa, di cui molti situati nei grandi alberghi di lusso della Capitale. Segue Francoforte con 200 ristoranti e Londra con oltre 150.

Le nuove tendenze: dall’albergo di lusso al consumo tra le mura domestiche
Dallo studio dell’Accademia Italiana della cucina emerge come l’8% delle delegazioni indica, a sorpresa, i grandi alberghi internazionali (soprattutto in Francia, negli Stati Uniti, in Olanda e in Brasile) come roccaforte dell’italianità in cucina. Sono tuttavia i ristoranti tipici, secondo l’85% delle delegazioni il baluardo della nostra gastronomia all’estero seguiti dalle trattorie con il 42% di apprezzamenti. Da rilevare la crescita della diffusione della cucina italiana tra le mura domestiche: il 39% delle delegazioni segnala che è un’abitudine ormai frequente cucinare italiano a casa, mentre il 43% afferma che accade, anche se raramente. Ma non è tutto. Spesso si organizzano serate conviviali dedicate alla conoscenza della nostra cultura gastronomica. In questo contesto Sydney, anche grazie all’ampia comunità italiana, è la patria della cucina tradizionale siciliana, campana e calabrese.

Road map - Dagli Usa all’Australia, ecco le considerazioni sullo stato della cucina italiana all’estero del Gvci - Gruppo Virtuale Cuochi Italiani
Dazi, misure protezionistiche, trasporti e divieti religiosi influiscono non poco sulla reperibilità delle materie prime italiane all’estero. E di conseguenza anche sulla possibilità di realizzare, in alcuni Paesi, una cucina tradizionale davvero autentica. Dagli chef del Gvci-Gruppo Virtuale Cuochi Italiani attivi nei cinque continenti (un network di oltre 2.000 persone, chef ma anche sommelier, imprenditori, giornalisti, addetti del settore food and beverage) - “ambasciatori della cucina italiana nel mondo” premiati dall’Accademia Italiana della Cucina con il premio “Orio Vergani 2012”, dedicato a chi ha onorato la cultura gastronomica italiana con la propria attività, in onore del giornalista Orio Vergani, fondatore dell’Accademia - ecco un’istantanea sulla situazione attuale della nostra gastronomia fuori dai confini nazionali (scattata da Aira Piva da Singapore, Giovanna Marson dall’India, Leo Fumarola dall’Argentina, da Andrea Tranchero dall’Australia, da Sivia Bernardini dal Messico e Salvatore De Vivo dall’Ucraina).
Sud Est asiatico
La nostra cucina in Asia, soprattutto a Hong Kong, è in enorme crescita. Questo ha aiutato molto l’esportazione dei nostri prodotti in tutto il Continente. In alcuni Paesi ci sono delle restrizioni sulle carni e sui salumi italiani per questioni ufficialmente sanitarie ma i reali motivi sono meramente commerciali e politici. Purtroppo in Asia gli australiani e i francesi sono molto competitivi e in qualche modo noi dovremmo inserirci più aggressivamente nel mercato.
Cina
Essendo un Paese vastissimo ci sono realtà molto diverse da tenere in conto. Shanghai è sicuramente la citta più occidentale della Cina e probabilmente ha la più alta concentrazione, insieme a Pechino, di ristoranti Italiani. In queste due metropoli è più facile trovare prodotti italiani rispetto al resto del Paese grazie anche ai collegamenti aerei giornalieri e alla presenza di molte imprese italiane. Anche qui siamo molto indietro rispetto alla concorrenza ma la domanda di prodotti italiani è aumentata moltissimo. Purtroppo la conoscenza della vera cucina italiana e dei nostri prodotti enogastronomici da parte del grande pubblico rimane scarsa ed è fondamentale esportare buoni ristoranti e buoni prodotti per educare questa popolazione alla nostra cucina autentica.
India
Qui la situazione è ancora molto difficile. E’ molto complicato avere prodotti italiani di buona qualità e fare una cucina autentica. I clienti indiani sono molto esigenti e spesso cercano i sapori della loro cucina anche quando vanno nei ristoranti italiani. L’India è un Paese enorme, in grandissimo sviluppo economico ma ancora con grossi problemi socio-economici che rendono ancora più difficile trovare i nostri prodotti.
Russia-Ucraina
E’ il mercato emergente per la cucina italiana con Mosca sicuramente più avanzata dal punto di vista della presenza di prodotti italiani rispetto a Kiev. C’è ancora moltissimo da fare ma le cose si stanno muovendo e ci sono ottimi chef italiani che lavorano da diversi anni in questi Paesi.
Stati Uniti
Anche qui, rispetto a qualche anno fa, è possibile trovare molti più prodotti italiani. Tuttavia gli Stati Uniti rimangono molto protezionisti in campo alimentare ed esportare alcuni cibi è complicato. Ci sono poi moltissime imitazioni di prodotti italiani negli Stati Uniti o in Sud America che hanno occupato il mercato già da molti anni. I consumatori statunitensi sono in gran parte abituati a questi prodotti e non è sempre facile per quelli autentici con prezzi spesso più elevati conquistare una fetta di mercato se non si aiutano i consumatori a capire le differenze.
Paesi musulmani
Molti Paesi musulmani per ovvie ragioni religiose non consentono l’importazione di prodotti a base di maiale e di prodotti alcolici. Questo certamente limita molto il lavoro degli chef italiani, che devono usare molta fantasia nell’adattare alcune ricette che prevedono l’uso di questi prodotti. Detto questo, essendo i Paesi musulmani molto diversi fra loro ci sono sicuramente diverse realtà al loro interno. Per esempio gli Emirati Arabi Uniti sono molto più permissivi di altri Paesi e a Dubai o Abu Dhabi è possibile trovare praticamente tutto quello che si vuole con grandissima qualità. Un altro esempio sono le Maldive che, pur essendo un Paese musulmano, permettono l’importazione di qualsiasi prodotto senza limitazioni facendo pagare però dei dazi altissimi che sul vino raggiungono tassi anche del 100%. In Indonesia è ancora molto difficile trovare prodotti italiani. Ci sono però alcune eccezioni che riguardano Jakarta o alcune località molto turistiche dove c’è un pò più di scelta.
Australia
Nella fascia Ovest dell’Australia si possono trovare molti prodotti italiani enogastronomici mentre nel West calcolando che per attraversarla ci vogliono 5 ore di aereo poi 3 ore di differenza fuso orario il mercato ha ancora poca richiesta. La comunità Italiana è molto folta ed è ormai di terza generazione ma l’Italia resta lontanissima e in Australia si trovano molte imitazioni dei nostri prodotti. Un problema sono anche i dazi doganali alti anche fra stato e stato all’interno dell’Australia stessa.
Sud America
Brasile e Argentina sono indiscutibilmente le nazioni dove c’è la più grande presenza di italiani in Sud America e quindi di ristoranti italiani. Anche in questo caso le imitazioni locali dei nostri prodotti sono tantissime e trovare i prodotti enogastronomici autentici costa fatica e soprattutto molto più denaro delle imitazioni alle quali per altro il grande pubblico è abituato. La situazione geo-economica di questi Paesi, i trasporti sicuramente non agevoli e il protezionismo di nazioni che hanno nell’agroalimentare un settore chiave dell’economia, sicuramente non facilitano le cose. In Argentina il governo ha addirittura chiuso quasi completamente le frontiere andando contro le leggi del commercio internazionale e quindi sono pochissimi i prodotti italiani reperibili. La situazione del Brasile è senz’altro migliore grazie ad una situazione economica di grande crescita.
Africa
Sicuramente è il continente dove la presenza di ristoranti italiani e quindi di nostri prodotti enogastronomici è minore. Tuttavia ci sono alcuni Stati che hanno una discreta presenza di ristoranti e chef Italiani. L’Egitto sicuramente in prima fila seguito da tutta la zona del Maghreb e del mediterraneo, dove la vicinanza con l’Italia potrebbe rendere abbastanza facile la reperibilità dei nostri prodotti ma spesso dazi, problemi di religione e arretratezza dei trasporti rendono molto difficile trovare i nostri prodotti. Il Kenya è sicuramente il Paese dell’Africa sub-sahariana con maggior concentrazione di ristoranti italiani. Molti buoni ristoranti dalla costa fino a Nairobi dove grazie alla massiccia presenza di turisti e residenti italiani si possono trovare diversi prodotti importati dall’Italia. Altre presenze di chef italiani ci sono in diversi Stati, dalla Tanzania al Ruanda dove però è più complicato avere rifornimenti. Il Sudafrica è un altro Stato dove la ristorazione italiana è presente soprattutto grazie ad uno chef imprenditore, Giorgio Nava, che ha tre ottimi ristoranti e che data la grande difficoltà a trovare prodotti italiani ha iniziato un allevamento di bovini di razza Italiana importati da qualche anno per poter avere e vendere carne italiana, e lo stesso fa con la verdura nella sua farm.

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