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Australia: birra per Yellow Tail ... Uk: cantine vogliono Protected Designation of Origin (Dop) ... Australia: trends di uve “italiane” ... Usa: la concentrazione del mercato del vino ... Cina: cresce paura dei vini “tarocchi”
di Andrea Gabbrielli

- Australia, una birra per Yellow Tail
La Casella Wine Company, azienda leader australiana, dopo aver registrato una perdita di esercizio nel 2012, ha deciso di raddrizzare i conti con la birra: la società nel 2011-2012 è andata in rosso di $ 30 milioni, sull’utile precedente ottenuto grazie all’ultradecennale successo della linea Yellow Tail. Soprattutto le vendite, negli Usa, a cui si riferiscono 3/4 dei 12 milioni di casse vendute, si sono ridotte a causa del dollaro australiano molto forte che ha provocato una decurtazione dei margini della società.
Il Ceo di Yellow Tail, John Casella, spera di ritornare all’utile ampliando la gamma dei prodotto con Arvo, una nuova etichetta di birra, già reperibile nel mercato. La birra, prodotta in una nuova struttura vicino alla cantina di Yenda, nel New South Wales, viene venduta in bancali da 6 tra $ 45 - $ 49, ed è costantemente in crescita.
Inoltre, presto, si aggiungerà una nuova gamma di vini di qualità ottenuti da un vigneto recentemente acquistato nella Barossa Valley. E’ intenzione della cantina ampliare la gamma dei prodotti, ottimizzare il business e non focalizzando le attenzioni solo sul brand Yellow Tail che, in ogni caso, rimarrà al centro delle attività aziendali.

- Uk: le cantine vogliono le Protected Designation of Origin (Dop)
Secondo la rivista on line Harpers, dopo la Camel Valley in Cornovaglia, la prima zona che otterrà la Protected Designation of Origin (Dop) del Regno Unito, ne potrebbero seguire delle altre. La distinzione tra le diverse aree di coltivazione in Inghilterra, infatti, potrebbe aiutare i produttori a “smettere di fare generalizzazioni sul vino ingles”, ha osservato Christian Holthausen, direttore marketing e comunicazione alla Nyetimber nel West Sussex, e potrebbe diventare l’equivalente del sistema di classificazione dei “crus” nella Champagne.
“Le condizioni in Kent possono essere molto diverse dalle condizioni in Cornovaglia, ancora di più a seconda dell’annata e in base al tipo di vino “. Mark Driver della East Sussex’s Rathfinny Estate ha spiegato che “vini provenienti da differenti aree geografiche hanno caratteristiche diverse. I vini delle dune di gesso del sud dell’Inghilterra saranno diversi da quelle di Suffolk, Essex o Cornwall”. Per Julia Trustram Eve dell’associazione English Wine Producers.
“L’industria inglese dello spumante è ancora giovane rispetto allo Champagne tuttavia ci sono una serie di marchi di grande successo a cui si deve l’incremento della percezione e della reputazione dello spumante inglese. Sono i nomi che stanno aprendo la strada ad altri e stanno impostando uno standard qualitativo elevato che non può essere ottenuto da un solo nome “. Insomma le Dop potrebbero diventare una prospettiva concreta anche nel Regno Unito.

- Australia, i trends delle uve “italiane”
Nei vigneti australiani, secondo la testata thedrinksbusiness, sta crescendo l’interesse per le uve “italiane”. In un quadro generale di impianto di varietà mediterranee provenienti da Grecia, Spagna e Portogallo, quelle dall’Italia riscontrano consensi sia perché il loro potenziale qualitativo viene giudicato “entusiasmante” sia perché risultano più adatte al clima caldo dell’Australia.
Secondo Corrina Wright, direttrice dell’associazione coltivatori della McLaren Vale e produttrice della Oliver’s Taranga Vineyards, le “varietà italiane, in generale, stanno guadagnando consensi perché hanno un’elevata acidità naturale, una struttura incantevole e sono abituate ai picchi di calore. Intanto, lei ha scelto di piantare 5 ettari di Sagrantino. “Lo abbiamo avuto per 12 anni ma è difficile da allevare e ha rese basse ma produce vini con tannini favolosi”.
Maree Collis a Lethbridge in Geelong è stato stimolato dalla capacità del sangiovese di sopportare la siccità. Dal 2008 produce un vino stile “ SuperTuscan” con il 70% di Sangiovese, 28% Merlot e 2% di Cabernet franc” denominato Hugo George. Inoltre per la prima volta nel 2012 ha prodotto un Nero d’Avola e un Negroamaro con uve coltivate a Heathcote. Tra le varietà che stanno conquistando terreno il Vermentino, perché di tenore alcolico contenuto e di acidità assai fresca seppur coltivato in climi caldi. Andre Bondar, winemaker di Mitolo’s, produce Vermentino di 10-11 gradi nella McLaren Vale e presto spera di fare anche un vino stile Vin Santo.
Secondo Steve Webber capo winemaker della De Bortoli Wines, la King Valley di Victoria è la patria di un buon Vermentino ed è l’area dove sono piantate gran parte delle varietà italiane in Australia. Tra le grandi aziende, secondo quanto racconta Bernard Hickin, capo winemaker di Jacob’s Creek, un vero e proprio colosso del vino australiano, i turisti che affollano il centro visitatori dell’azienda riservano un’ottima accoglienza a due versioni del Jacob’s Creek Limited Release, la prima dedicata al Fiano e l’altra al Nero d’Avola “ Abbiamo circa 200.000 visitatori l’anno e il Nero d’Avola rispetto agli altri rossi vende cinque a uno”. L’azienda produce anche un Negroamaro e quest’anno ha lanciato un Arneis delle Adelaide Hills della vendemmia 2010. La forte impennata della domanda di Moscato italiano ha avuto come conseguenza l’intensificazione della produzione in Australia. Soprattutto a risultare vincenti sono i prodotti a basso tenore alcolico e leggermente frizzanti, un po’ sul modello del Moscato d’Asti, e per molte cantine è diventato il prodotti di punta. In particolare il Jacob’s Creek Moscato rappresenta il 5% delle vendite su 7 milioni di casse.

- Usa, la concentrazione del mercato del vino
Il 64% delle etichette di vino presenti sugli scaffali dei negozi americani (rivendite, distributori, supermercati ...) proviene da appena 10 grandi gruppi. Il dato è scaturito da uno studio effettuato dal team guidato del prof. Philip Howard della Michigan State University.
La ricerca ha, altresì, evidenziato che i consumatori pur riconoscendo molte marche, si orientano verso i gruppi maggiori la maggior parte dei quali, sono ubicati in California. Complessivamente la E. & J. Gallo Winery, The Wine Group, Constellation Brands, Family Estates Trinchero, Wine Estate Tesoro, Bronco Wine Co., Altria, Prestige Wine Group, Aldi Nord, Vini DFV e Winebow, si dividono il 70% del mercato e le prime sei negoziano il 64,4%.
L’origine dei vini - in ordine di importanza - è il seguente: California, Italia, Francia, Michigan, Australia, Argentina, Spagna, Germania, Cile e altri. Per quanto riguarda i vitigni, la top ten è la seguente: Chardonnay, Cabernet Sauvignon, le miscele di rossi, Merlot, Pinot Nero, Riesling, Sauvignon Blanc, le miscele di bianchi, Pinot Grigio e Zinfandel. La concentrazione dell’industria vinicola americana è superata solo dall’industria della birra con due grandi imprese che dominano 3/4 del mercato.
Il processo di concentrazione si deve anche ad un gran numero di acquisizioni e fusioni avvenute negli ultimi 10 anni. Infatti solo Constellation Brands ha assorbito Mondavi ($ 1,3 miliardi) nel 2004, Vincor ($ 1,3 miliardi) nel 2006 e Fortune Brands Wine (885 milioni $) nel 2007.
Tra le osservazioni contenute dallo studio l’etichetta che nella maggior parte dei casi non è immediatamente riconducibile alla casa madre di riferimento: infatti, anche se le possibilità di scelta sono numerose, per i consumatori è sempre più difficile identificare il vero gruppo proprietario della bottiglia acquistata.

- Cina, cresce la paura dei vini “taroccati”
Un rapporto di Wine Intelligence, la principale società di ricerca sulle vendite di vino nel mondo, mette in evidenza che oggi la paura dei vini falsi nell’off-trade è il principale ostacolo all’incremento del consumo di vino importato in Cina.
Il sondaggio, effettuato su un campione di 1.000 consumatori cinesi di vino, ha registrato che il 44% degli intervistati è stato dissuaso dall’acquistare bottiglie di pregio di origine straniera, per paura dei falsi. Una preoccupazione che viene prima di altre: per esempio la mancanza di informazioni accurate nella retro etichetta (34%).
Il campione per l’indagine è stato progettato per essere rappresentativo della comunità cinese, urbana, colta e benestante, consumatrice di vini importati e di età compresa tra i 18 e i 49 anni, che secondo le stime di Wine Intelligence, nel 2012 rappresenterebbe circa 19 milioni di consumatori. Tenendo conto di un margine di errore nel sondaggio (+/- 3,1%), i risultati suggeriscono che le preoccupazioni dei vini falsi riguardano almeno 8 milioni di potenziali acquirenti.
Tra gli elementi di rilievo dell’indagine - China Landscapes 2013 - la dichiarata disponibilità dei cinesi a saperne di più sul vino; la crescente domanda di vino ai rivenditori online; la diffusione sempre maggiore della distribuzione di prodotti vitivinicoli importati nelle nuove aree urbane della Cina interna dove la gran parte della la crescita del consumo di vino, arriverà nei prossimi 5 anni.
Wine Intelligence sostiene che rassicurare i consumatori sull’origine certa di ciò che stanno comprando, così come della qualità delle bottiglie, è la chiave dello sviluppo nei prossimi anni.

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