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Vino: O’Keefe, interesse di capitali stranieri per Brunello è positivo ... “Ma serve attenzione, tra cambio generazionale e offerte irrinunciabili”... L’interesse continuo di capitali stranieri nelle più prestigiose realtà del vino italiano in generale positivo, ma deve far riflettere su alcuni aspetti: da un lato, cosa ne sarà del futuro delle aziende stesse dal momento che spesso i nuovi proprietari non solo legati all’agricoltura, dall’altro, il fatto che, se a volte, visti i tempi, certe offerte sono davvero irrinunciabili, c’è anche una questione di fondo legata ad un complesso ricambio generazionale alla guida delle aziende che, talvolta, può accelerare il processo di cessione di una cantina, per quanto in salute e prestigiosa. Queste, in sintesi, le considerazioni, a WineNews, di Kerin O’Keefe, autrice del libro Brunello di Montalcino, (University of California Press, 2012) e Italian Editor della rivista Wine Enthusiast, a commento della cessione di Poggio Antico, una delle realtà più prestigiose del Brunello di Montalcino (200 ettari di terreno complessivo tra boschi, uliveti, seminativi e ovviamente vigneti, 32,5 ettari complessivi, di cui 28 ettari a Brunello, 2 ettari a Rosso di Montalcino e 2,5 ettari a Cabernet Sauvignon), ai belgi di Atlas Invest. L’acquirente è una società attiva soprattutto nel settore dell’energia e del real estate, e fondata nel 2007 da Marcel van Poecke, che è solo l’ultima di una lunga serie di acquisizioni di importanti realtà italiane del vino da parte di investitori stranieri, spesso di altri settori. ’’Il trend di vendere aziende storiche e importanti a proprietari stranieri è in generale positivo - spiega la O’Keefe - ma può avere anche degli elementi negativi. Positivo perché è una conferma assoluta del grandissimo interesse e rispetto per i vini italiani nel mondo. Ma a mio parere, questo stesso trend ha un lato negativo dato che le persone (o in qualche caso, grandi aziende) che stanno acquisendo queste aziende agricole - che sono quasi sempre a gestione familiare - non hanno un legame storico con l’Italia. Quindi resta da vedere come le gestiranno, soprattutto quando gli attuali proprietari, che in genere restano per qualche anno per avere una transizione graduale, lasciano definitivamente le aziende’’. Tantissimi i casi, a Montalcino e non solo, di aziende finite sotto proprietà straniera. A partire da Castello Banfi, la cantina che con la famiglia Mariani ha aperto il territorio di Montalcino al mondo ed i suoi mercati al Brunello. Ma negli ultimi anni molte sono state le compravendite eccellenti, anche ’’Italia su Italia’’. A fine 2016 ha fatto il giro del mondo l’annuncio dell’ingresso nella Tenuta Greppo della famiglia Biondi Santi, dove è nato il Brunello e oggi guidata da Jacopo Biondi Santi, del gruppo del lusso francese Epi Group di Christopher Descours (proprietaria di marchi di alta gamma come gli Champagne Piper-Heidsieck, Charles Heidsieck e Chateau La Verriere a Bordeaux). L’imprenditore argentino Alejandro Bulgheroni, tra gli uomini più facoltosi al mondo, già proprietario di Dievole in Chianti Classico, a Montalcino ha investito per tre volte in meno di quattro anni: nel 2016 con l’acquisto di Tenuta Vitanza da Rosalba Vitanza e Guido Andreatta (53 ettari, 26 a vigneto, 15 a Brunello, per una cifra sui 12-15 milioni di euro); nel 2013 con Podere Brizio (9 ettari vitati, 7 a Brunello, per un affare da indiscrezioni di oltre 10 milioni di euro); e, la prima volta, nel 2012, con Poggio Landi (134 ettari, 25 a vigneto, per una cifra stimabile sui 15 milioni di euro). Ad inizio 2016, i tedeschi Eichbauer, famiglia top dell’edilizia in Germania e fondatrice del ristorante bistellato Michelin ’’Tantris’’ a Monaco di Baviera, hanno comprato Podere Salicutti (11 ettari, 3,7 di vigneto, di cui 2,1 a Brunello, per una cifra stimabile tra 3-4 milioni di euro) dal fondatore Francesco Leanza, rimasto nel management dell’azienda. Insomma, un fenomeno di grande impatto e portata, con dinamica che, in ogni caso, nel complesso è da leggere in positivo, secondo Kerin O’Keefe, Italian Editor della importante rivista americana Wine Enthusiast: ’’è assolutamente è un segno di salute del vino italiano. Ma forse vuol dire anche che in diversi casi le nuove generazioni non hanno la voglia di mandare avanti le aziende di famiglia’’. Un fenomeno che, peraltro, non sembra destinato a rallentare: ’’io credo che continuerà, soprattutto nelle zone di produzione dei grandi vini che attirano questo tipo di investimenti: le valutazioni sono evidentemente così alte che diventa molto difficile resistere a certe offerte da parte di alcuni produttori’’.

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