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LA REPUBBLICA

Di cantina in cantina, i vini dell’estate ... Lei si era fatta trovare in aderenti pantaloni di velluto nero e con una cammisa di tipo mascolino, a righe bianche e rosse, con le maniche rimboccate. “Ho cucinato io. Chissà che è venuto fuori. Era venuta fuori una cenetta squisita, condita da un vinello bianco freschissimo e tradimentoso nella sua apparente innocuità”. Basta una manciata di parole ad Andrea Camilleri (il romanzo è Il tailleur grigio) per trasformare il vino in tentazione estiva e malandrina. Del resto, con l’estate alle porte, la fruizione del vino cambia modalità e geografia: l’Italia si ridisegna, tra coste e campagne. in base al clima e al tempo delle vacanze.
La scelta di vini diversi - rinfrescanti e beverini - è scontata. Insieme ai cibi dell’inverno - zuppe, lunghe cotture, comfort food, cibi scaccia-freddo - mandiamo a riposare in cantina i vini loro abbinati: rossi corposi e da meditazione, bianchi molto strutturati, passiti da grandi formaggi.
Ma la divisione tra bianchi e rossi suona meno scontata da quando il periodo delle temperature miti si è allungato ed è cresciuta la voglia di vini buoni, non banalmente dissetanti. Un salto di cultura enologica supportato dal moltiplicarsi di realtà vignaiole sempre più articolate e interessanti, anche da un punto di vista di visibilità sociale. Un tempo la fatica e le difficoltà di gestione delle piccole attività alternative rendevano il rapporto diretto con la clientela altalenante e farraginoso, oggi le produzioni biologiche, biodinamiche, ecosostenibili, non si nascondono più che altro la scritta in etichetta o al bollino verde della certificazione. Alle loro spalle, infatti, pulsano aziende che sono un modello di nuova agricoltura, pronte a farsi conoscere e vivere a tutto tondo, tra agriturismi, fattorie didattiche e comunità rurali.
A fare la differenza, l’idea che il vino sia sempre più figlio della terra (e meno degli enologi): un cambiamento figlio delle nuove produzioni naturali, a partire dai cosiddetti aranciati, da lunghe macerazioni. Per questo, va raccontato dall’inizio, ovvero dalla vigna. Bisogna andare sul posto, guardare, annusare, toccare, ascoltare il racconto: questo cambia la dimensione del bere. Non solo responsabile, come dice la pubblicità, ma anche consapevole, oltre che - giustamente - godibile.
Secondo l’ultima inchiesta di WineNews, l’enoturismo rappresenta una delle diversificazioni di investimento più importanti del vino italiano, fondamentale per aumentare la fidelizzazione degli eno-appassionati. Così, anche l’annuale appuntamento con Cantine aperte” ha cambiato le sue dinamiche. Si visitano le cantine non solo per assaggiare e magari comprare, ma finalmente anche per conoscere le realtà agricole, bypassando il marketing turistico importato dai grandi paesi delle produzioni di massa (Stati Uniti e Australia in primis) e scegliendo di
rapportarsi con chi il vino lo fa davvero. Se il rapporto tra vino e natura vi attrae,
andate sul sito del Movimento Turismo del Vino e organizzate la gita che domenica prossima vi porterà in una delle settecentocinquanta cantine aperte, dal Piemonte alla Sicilia. Andate a conoscere da vicino il lavoro dei vignaioli grandi e piccini: sarete orgogliosi della vostra personalissima selezione di un vino per l’estate.
Autore: Licia Granello

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