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REPUBBLICA FIRENZE

Brunello, Gallo Nero
Montepulciano amici ma non troppo ... Nasce Avito, l’associazione delle etichette toscane Pronte a far fronte comune su tutto, non sull’immagine ... Alleati nella lotta al cinghiale, comune nemico delle viti. E poi nella promozione delle bottiglie all’estero. Finisce qui, o quasi, lo spirito unitario dei Consorzi toscani del vino. Gallo Nero-Chian ti Classico e Brunello di Montalcino, Nobile di Montepulciano e Chianti, alleati ma senza esagerare. Ieri hanno celebrato un evento storico: la nascita di Avito, che sta per Associazione vini toscani dop e igp, l’entità che per la priva volta li raccoglie: hanno aderito 16 Consorzi. Ma non si parli di casa comune. Perché nel giorno dell’unione, emerge anche la volontà di non mescolarsi, coi Consorzi più blasonati delle bottiglie di maggior prezzo, dal Gallo Nero al Brunello, che non ci stanno a veder sfumare identità e immagine nel calderone. E i Consorzi più piccoli che masticano amaro perché si ritengono penalizzati da anni di politiche pubbliche che avrebbero premiato le ‘prime donne del settore.
Avito nasce, insomma, tra sorrisi e parole dolci ma anche malcelati mal di pancia. Non sono state una buona medicina anti dolore, anzi, le affermazioni della vigilia a Repubblica del presidente del Chianti, Giovanni Busi, che vorrebbe un Vinitaly in salsa toscana e un’anteprima unica per tutte le etichette regionali. Maliziosamente stuzzicato, ieri Busi, anfitrione della nascita di Avito, è stato costretto a smorzare. “Sono idee personali, non ne ho parlato con gli altri”. E sulla trovata dell’anteprima unica è stato pubblicamente stoppato dal neo presidente di Avito, Fabrizio Bindocci, che è anche presidente del Consorzio del Brunello. “La nostra anteprima del Brunello ha funzionato benissimo così com’è, macchina che va non si cambia” ha detto il verace Bindocd. Mentre il direttore del Gallo Nero, Giuseppe Liberatore, frena sull’idea di “VinTuscany”, una fiera regionale sul modello di quella celeberrima di Verona. “Bisogna discutere bene, ma le aziende sono già molto sotto pressione, oggi c’è altro tipo di eventi che funziona quanto e meglio di certe fiere”, dice. Altri sono più espliciti. “Se i soldi ce li mette la Regione. Il Vinitaly in salsa toscana si può anche fare, altrimenti no”.
Ma a parte questo, “oggi siamo tutti uguali enon ci sono grandi e piccoli Consorzi”, ripete più di un relatore. Terreno su cui lavorare c’è. L’idea è quella di alleare le forze in Avito per creare una lobby del vino verso altri interlocutori, a cominciare dalla Regione. Ha funzionato in occasione del dibattito sul Pit, coni Consorzi che, uniti, hanno ottenuto correzioni importanti al Piano territoriale regionale. Ed è successo in relazione al “caso cinghiali”, con i Consorzi che, uniti, hanno pressato per un piano di contenimento degli ungulati. “Utile sarà anche fare promozione all’estero insieme, sotto l’unico e apprezzato cappello col marchio Toscana”, dice Liberatore. “Insieme sarà più facile accedere ai finanziamenti europei”, osserva il direttore di WineNews Alessandro Regoli. Certo, il collettivo dei 16 Consorzi sembra una macchina da guerra: 5.000 imprese, un miliardo di fatturato, il 70% ricavato dall’export. Ma l’aggregato è una fiction. Mette insieme il prodotto di realtà molto diverse. Che mal potranno fondersi.
Maurizio Bologni

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